Falesie stracolme di sule, dove, anno dopo anno, ogni coppia ritrova il suo nido nel caos apparente. Urie, gazze marine, pulcinelle di mare galleggiano, ondeggiando come improbabili barchette di carta inaffondabili. Marangoni dal ciuffo, fulmari, gabbiani tridattili alternano il loro volo davanti alle scogliere. Aquile di mare, goffamente appollaiate, attendono il momento giusto per spiegare le ali e lasciarsi portare dall’aria più calda. Stercorari difendono gelosamente il loro territorio urlando, sbattendo le ali e attaccando l’intruso troppo invadente. Da marzo a luglio si ripete la più autentica e sentita processione a cui abbia mai partecipato, nemmeno da piccolo, quando, alla fine degli anni settanta, fui chierichetto. I fedeli percorrono, in religioso silenzio, il sentiero che in circa un’ora conduce dalla costa al Lundeura, un altare proteso sull’oceano. Qui a tarda sera, sotto gli occhi (letteralmente) dei presenti, si celebra la liturgia della Lunde. I Pulcinella di mare tornano ai nidi, angusti cunicoli fra le antiche pietre della falesia. Il frenetico battito d’ali si affievolisce sulle rocce davanti al domicilio estivo. Scuotono le ali, sistemano le piume, strappano un po’ di erba con il becco multicolore e attendono la notte nordica per entrare nel loro rifugio. Ho trascorso cinque magiche serate al Lundeura, principale motivo del viaggio, per provare, come in Val Roseg, l’emozione del contatto ravvicinato con gli animali, la loro confidenza o noncuranza. Per vivere l’illusione di essere nel giardino dell’Eden, di far parte di un mondo ormai estraneo, perduto. Sono incappato, per scrivere queste poche righe destinate ad altrettanti lettori, nella discussa teoria di Felice Vinci. Se davvero il paradiso terrestre è al Nord, devo assolutamente assecondare il destino e organizzare il mio prossimo viaggio sulla penisola di Varanger. Nel frattempo tengo stretto il ricordo del silenzio solcato “soltanto” dal vento e dal canto degli uccelli.
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